Here's the excerpt about the Third Ear Band taken from Antonello Cresti's last book titled "Solchi Sperimentali" (with kind permission of the publisher):
"It's difficult today, after so many years, to render the Power of Spreading Out made by the Third Ear Band. The impact of their first album, and, at-large of all their music, even if a non-mass heritage, can be defined as 'erupting'; it's not important which categories one can use to value it. If with a limited view we could consider this band just as the inventor of the world music, as the union of stimula coming from different times and places, we would appoint to these artists a very considerable place in the young music's history; but watching this closer, just considering the fact Rock world had started in a more or less calligraphic way to watch most of all to the East, we'd discover that in the Third Ear Band there's nothing of esotheric or descriptive. So their music is pure sound philosophy translated in action: here, their raga becomes a method for improvising, the conceptual universe is that syncretic of the more radical and educated English hippie movement. Even if integrally instrumental, TEB's music perfectly communicates a climax where interests for Eastern philosophies, pagan traditions recovered, countercultures, drugs... was welding together. It's a music of experience that the band plays in "Alchemy", where any details is functional for involving the listener in a different way to conceive the sound: Glen Sweeney & C. break the rock and folk tradition for watching to where? Surely it's not the jazz the landscape where they move, and it can be surely traced references to the contemporary music and the barbaric music, but we would hurt to the band's originality: their power was to go to the nucleus of the music communication.
Under this view, the tunes included in their first album (and even more in their second published in 1970) seem very hard to understand, but this is just an appearance because their aim is that to communicate beyond all limits of the aestethics and even the rational. From this point of view is hard to imagine a music can be more spiritual than this... Surely also the form, charaterised by an acoustic ensemble with strings, boe and percussion, and the severely circular form of compositions, or this capability to evoke dance movements in a so essential way, are traits that made the Third Ear Band music an unescapable reference for any record collection of 'Elsewhere'. But the more terrific thing about this music is the several meanings under of it.
Their first wonderful, apocalyptic album shows more caught up moments, while "Third Ear Band" is oriented to the suite with its four tunes dedicated to the natural elements. Maybe the only one "softening" is in the "MacBeth" music, composed for the Roman Polanski's movie (1972), where we can find more traditionally descriptive arrangements, reverberating medieval music with the use, even if moderate, of typical rock instruments.
One could hazard Third Ear Band's short existence was the most radical experience in the British underground: also in the period of their last reunion, happened between the end of '80's and the beginning of '90's, their music seemed to come from other depth of thought than the new age.
Glen Sweeney, this minimalist of the percussive art, passed away around ten years ago, in silence, as like he had always lived. With him we have lost one of the greatest voice of the first British Esoteric Wave, that that was near to thinkers as John Michell and others...".
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A psychedelic Antonello Cresti with his new book. |
(Italian version)
"E’ difficile resocontare oggi, a distanza di tanti anni, la Potenza della operazione di “spalancamento” operata dalla Third Ear Band. L’impatto del loro primo album, e, in generale, di tutta la loro musica, per quanto patrimonio non di massa, non può non essere definito come deflagrante, quali che siano le categorie che intendiamo utilizzare per compierne una valutazione; se, in maniera riduzionistica, ci limitassimo ad immaginare questo ensemble come inventore della world music, intesa come unione di una serie di stimoli provenienti da tempi e da spazi diverse, già affideremmo a questi artisti un posto di assoluto rilievo nella storia della musica giovane, ma a ben vedere, considerando che il mondo del rock già aveva cominciato a guardare in maniera più o meno calligrafica soprattutto ad Oriente, ci accorgeremo che nella Third Ear Band non c’è nulla che sia descrittivo, esotico. Ecco allora che la musica espressa da questa formazione è pura filosofia del suono tradotta in azione: il raga diviene un metodo di approccio per improvvisare, l’universo concettuale è quello sincretico dell’ala più colta e radicale del movimento hippie inglese. Anche se interamente strumentale la musica della Third Ear Band comunica perfettamente un clima in cui andavano saldandosi interesse per le filosofie orientali, recupero della tradizioni pagana autoctona, controcultura, droghe… E’ musica esperienziale quella di “Alchemy”, nella quale ogni dettaglio è funzionale a coinvolgere l’ascoltatore in una diverso modo di intendere la materia sonora: Glen Sweeney e compagni rompono apparentemente con la tradizione del rock e del folk per guardare dove? Non è certo il jazz il panorama sin troppo irreggimentato in cui si muovono e i riferimenti alla musica contemporanea, alla musica barbarica certamente possono esser rintracciati, ma ci sembrerebbe quasi di fare un torto alla originalità del gruppo la cui forza sta nell’arrivare intuitivamente al nucleo inscindibile della comunicazione musicale. In questo senso i brani che compongono il loro lavoro di esordio (e ancor più compiutamente quelli inseriti nell’omonimo album del 1970) appaiono difficili, ardui da comprendere, ma appunto si tratta solo di “apparenza” poiché l’intento è quello di comunicare fuori dalle gabbie dell’estetico o addirittura del razionale. Da questo punto di vista è difficile immaginare una musica che, nel suo andamento primigenio, sia più spirituale di questa… Certamente anche la forma, dall’organico in acustico suddiviso tra archi, oboe e percussioni, alla forma rigorosamente circolare delle composizioni, alla capacità di evocare movimenti di danza in maniera così essenziale, sono tutte caratteristiche che rendono la Third Ear Band un riferimento ineludibile per ogni discoteca dell’altrove, ma ciò che è ancora più terremotante è, come abbiamo detto, la lunga serie di significati che agiscono sotto la corteccia formale di questa musica.
L’esordio, bellissimo e apocalittico, predilige ancora episodi più conchiusi, mentre “Third Ear Band” guarda alla suite, con quattro brani dedicati agli elementi naturali. Unico “ammorbidimento”, forse, nelle musiche per il “Macbeth” filmico di Polanski (1972), in cui vengono accolti elementi di arrangiamento più tradizionalmente descrittivi, dal richiamo alla musica medievale, all’utilizzo, per quanto discreto, di strumenti cari al rock.
Verrebbe da azzardare che nella loro breve parabola la Third Ear Band è stata l’operazione più radicale emersa dall’underground britannico: anche al tempo della loro reunion, avvenuta tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta, la loro arte, in piena epoca new age, sembravano provenire da altre profondità di pensiero.
Glen Sweeney, questo minimalista dell’arte percussiva, ci ha lasciati circa dieci anni fa, in silenzio, come sempre aveva vissuto. Con lui se ne è andata una delle grandi voci della prima ondata della Britannia Esoterica, quella affine a pensatori come John Michell e altri…".
(Riprodotto per gentile concessione dell'editore. Tutti i diritti riservati)
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